La vita di Mauro Borgioli
Mauro Borgioli nasce a Carrara il 9 Luglio del 1908 da famiglia operaia e di commercianti. Non molti sanno che all’anagrafe era Mario e che divenne Mauro nel corso degli anni. Nessuno sa il perché. Era il primo di 5 fratelli. Mauro era il primo. Raimondo detto Aldo, il secondo, fu direttore di Banca d’Italia; Sandro, il terzo, fu tra l’altro arbitro e commissario di campo nel calcio e si occupò del forno di famiglia; la quarta sorella era Renata, conosciuta da tutti come la Re’. Chi non la ricorda nel suo negozio “Arte e Casa Papa” in piazza Alberica, di fronte alla statua di Beatrice D’Este? Una vera e propria istituzione per i carrarini che tutti, dal monte al piano, non potevano fare a meno del suo negozio per acquistare porcellane, argenti, tappeti e cristalleria. Vi era poi l’ultima, Maria Flora che per generazioni di carrarini era la “zia Cicci”. Vedova di guerra ancora giovanissima è stata l’insegnante di pianoforte dei figli della Carrara bene e l’infaticabile organizzatrice di viaggi per i suoi ragazzi. Era forse la prediletta di Mauro che seguiva anche nelle commedie dove fungeva da suggeritrice nella buca del palcoscenico.
La madre, Belinda, a cui era particolarmente legato, possedeva un negozio di alimentari, una bottega, proprio sul Ponte Baroncino dove il piccolo Mauro crebbe dopo esservi nato nella cosiddetta casa delle Cariatidi che è, per quelli che non lo sapessero, quella casa che si affaccia sulla via Carriona proprio di fronte al Ponte Baroncino. Nello stesso stabile il forno del padre Araldo. Frequentò e conobbe in quegli anni tutti i personaggi che animeranno le sue commedie, i protagonisti delle sue poesie. E’ bambino negli anni che portarono all’entrata in guerra dell’Italia e visse la 1^ guerra mondiale ancora con la spensieratezza propria di quell’età. Piazza Alberica, for di porta, i vicoli del centro erano il teatro della sua infanzia. Frequenta il liceo classico Emanuele Repetti a quei tempi in Piazza D’Armi e poi si iscrive, senza però terminare gli studi, alla facoltà di giurisprudenza a Pisa; svolge per qualche tempo l’attività di giornalista a Reggio Emilia e a Milano e, successivamente, di bancario. Ufficiale di complemento di fanteria partecipa alla 2° guerra mondiale;diventa capitano in Sicilia, dove viene fatto prigioniero dagli alleati al momento del loro sbarco nel 1943. E’ in quegli anni che compone, insieme ad un commilitone, il testo per alcune canzoni che sono state ritrovate in occasione delle ricerche fatte per celebrarne il centenario della nascita. Tornato in patria dopo due anni di prigionia in Africa e in Francia, ritorna alla precedente occupazione di bancario a Milano, per un breve periodo, prima di ritornare definitivamente a Carrara dove inizia l’attività di industriale del marmo, per ricoprire successivamente la carica di vicepresidente dell’associazione industriale. Nominato cavaliere della repubblica riceve ulteriori onorificenze dello Stato fin a diventare commendatore, per tutti era il commendator Borgioli. La sua prolifica produzione letteraria vede negli anni sessanta la pubblicazione di due saggi sull’opera di Cesare Vico Lodovici e poi nel 1962 la pubblicazione della raccolta di poesie “’L cor i n’ha zacoze”. In quegli stessi anni vengono rappresentate le prime commedie in dialetto che erano un vero e proprio evento per la città. La prima fu “’L r’nvers dla manica”. E’ del ’66 la seconda raccolta di poesie “A i siam tuti”. La critica e non solo quella apuana è concorde. “La poesia di Borgioli tradotta in lingua sarebbe un vero gioiello letterario” sostiene il Prof. Guido Conti; “Borgioli è stato il primo carrarino che ha cantato ed esaltato poeticamente nel nostro aspro dialetto l’anima del vecchio popolo di Carrara” è l’opinione dello scultore Ezio Dini; “A n’avrè mai ch’rdut che col nostr dialet a’s potess far ‘na roba cussì bèla” chiosò Sergio Ponzanelli.
All’attività di poeta, commediografo – in lingua e in dialetto, scrittore e autore di testi per canzoni, si affiancava quella di instancabile promotore culturale. Pro Carrara, Ente Cultura e Sport, Premio David legarono la propria storia alle vicende di Mauro Borgioli.
L’ultima fatica fu, probabilmente, il coronamento di un sogno. La pubblicazione, insieme a Beniamino Gemignani, di “Carrara e la sua gente” andò ben al di là di una “guida di Carrara”, almeno per quello che comunemente si intende per guida. Ancor attuale, pur essendo trascorsi trent’anni dall’uscita, tant’è che nel 2004 ne è stata pubblicata una seconda edizione che Beniamino Gemignani ha aggiornato per l’occasione, “Carrara e la sua gente vide la luce tre mesi prima che Mauro Borgioli ci lasciasse.
Muore infatti a Carrara il 31 marzo 1978, non ancora settantenne.
Fin qui la sintesi anagrafica della vita di Mauro Borgioli,che evidenzia un uomo molto alacre, capace di costruirsi un posto importante nella sua attività lavorativa, dotato di iniziativa e personalità e di una onestà cristallina, forse d’altri tempi.
Ma c’è un intimo di Mauro Borgioli, un’aspirazione nemmeno tanto segreta, legata all’amore per la poesia, il teatro, il giornalismo, forse le sue vere passioni, oltre ben inteso l’attaccamento alla famiglia.
Tutte queste sue passioni sono legate all’altro grande amore della sua vita: Carrara e i carrarini. La sua città, la sua gente e le sue tradizioni che, secondo lui, potevano e dovevano sopravvivere insieme al dialetto che nella sua apparente disarmonicità, solo, poteva rappresentare la forza, la durezza, l’ironia e il grande cuore di Carrara.
Ecco perché la sua vena poetica si riversa sul dialetto, non poesia minore se non per la platea ridotta in quanto locale ma poesia autentica, descrittiva e interprete di caratteri umani e di ambienti. Una poesia ora commossa e commovente, ora piena di allegria, ora ironica ma sempre dolce e innamorata di quanto trattato e soprattutto schietta,vera.
L’amore per il teatro, premesso che i temi trattati e i modi nelle sue commedie sono gli stessi delle poesie, lo dimostrò anche nel cercare di portare a Carrara le grandi compagnie del tempo, quando era presidente della Pro Carrara, prendendo spesso contatti diretti con impresari e attori capocomici, e riuscendo spesso nell’intento.
Ma Mauro Borgioli non trascurò nemmeno il giornalismo, che come si diceva fu un’altra sua passione: fu l’anima del rinato “Aronte” per il quale scrisse articoli su articoli, preoccupandosi anche della sua diffusione in città.
Insieme all’uomo di cultura e al campione di “carrarinità” c’è l’uomo senza qualifiche.
Mauro Borgioli, l’abbiamo già scritto, era nato e cresciuto nella vecchia Carrara fra il Ponte alle Lacrime ed il Ponte alla Lugnola, tra il Duomo, Grazzano e Piazza Alberica; aveva potuto conoscere a fondo la “sua gente” più autentica, così peculiare e caratteristica specialmente a quel tempo.
Si vantava spesso della Carrara e dei Carrarini frequentati in giovinezza quando aveva imparato, così amava dire con sincerità, ad essere “da bosco e da riviera”. Ed il suo “saperci fare” nel trattare con le persone era proprio ispirato a questo principio: sapeva stare e comunicare con tutti con la stessa semplicità che lo aveva sempre distinto.
Per conoscere a fondo Mauro Borgioli in tutte le sue sfaccettature umane e poetiche è sufficiente leggere, o rileggere, i suoi scritti e soprattutto le poesie, con le quali si entra veramente nel suo animo. Con la loro freschezza, la vena poetica che è in esse, con la spontaneità così come la forma, semplice e senza fronzoli (non si dimentichi mai che il carrarino è un dialetto ostico, duro), esse rappresentano piccoli fatti, commedie e drammi della carrarinità in maniera così intensa e partecipata da farli rivivere anche ai carrarini di oggi pur nelle fin troppo mutate espressioni di vita attuali.
Aveva un sogno: portare il dialetto e la storia di Carrara nelle scuole per non perdere in futuro una grande tradizione e la memoria stessa di una città e di chi l’ha vissuta.
Scrive nella lirica “Povr dialet” pubblicata nella raccolta “A i sian tuti” del 1966:
“Povr dialet, tè t mor,
t mor come un cristian
vec, malandat
p’r mancanza d fiat.
Senza colpa tè t mor,
senza p’cat,
come a’l mor l’inocent
ch’i n’ha fat gnent,
condanat a sparir
come un vec’ stracal
ch’ozi i’n serv pu
a la zov’ntu.
T’ér la nostra bandiera
Grinzosa, frusta, lisa,
sculurita,
ma t’ér la nostra vita.
Argut e s’ciet, frizant
come ‘na limonata,
roz e sgraziat,
sarcastic e sgolat,
violent al moment giust,
t’ér come ‘na sablata
su’n’t l mus
al prim segn d surprus.
I’t port’n via, ma d’anma
Quela no, quela a’l rest,
e a’l ven a gada,
a’l v’nirà sempr a gada."